Miserere mei deus,

secundum magnam, misericordiam tua.

Il primo verso del salmo 51 ha per me e per tutti i vichesi, uno speciale affetto.
Ricordo le prime lezioni di approccio al latino, in terza media, dove la professoressa costruì le fondamenta per la didattica Latina liceale proprio da questo primo verso.
Il giorno del venerdì Santo, a Vico del Gargano, tutto ruota attorno a questo salmo. Il canto dei confratelli si eleva e si espande per le strade del paese. Un canto polifonico, unico al mondo, tramandato nei secoli di padre in figlio.
Con la mia mano in quella di mio nonno, seguivo gli omoni vestiti di bianco che gonfiavano il petto, nella loro fierezza e passione i quali continuamente intonavano il Miserere. Oggi, come allora, i confratelli si dividono in cinque confraternite, tutte indossano una corona di spine, ma quel giorno, non ci sono mantelle colorate a gridare la loro appartenenza, bensì le cinture.
Una cinta di cuoio nero è il simbolo della confraternita dei cinturati di sant Agostino e Santa Monica, della chiesa di San Giuseppe, bianco è il colore di San Nicola, Rossa quello della Misericordia, marrone quello della confraternita della morte, della chiesa del Purgatorio. Solo i carmelitani scalzi, della chiesa del Carmine, mantengono la loro divisa, il saio francescano. Quest’ultima confraternita nelle processioni del mattino, sfila con cinque statue di Gesù rappresentanti le fasi della passione.

Tutte le altre sfilano, con le statue lignee del Cristo morto e di Maria addolorata che piange suo figlio. La suggestione dei riti è tutta da vivere. Seguire il tutto passo passo, addentrandosi nelle viscere della nostra tradizione cittadina è un’esperienza unica.
Non proprio penitente era, ed è,  il pranzo: troccoli (‘ntroccl) al sugo di seppia e seppie ripiene. Non si scappava. Il venerdì santo a Vico è obbligatorio questo menú e per le strade del paese non ci si saluta con un ciao, ma bensì con una recensione del pasto appena consumato.
Alle 15 del pomeriggio, con la pancia piena, nella chiesa del Purgatorio, si celebra uno dei riti più suggestivi, dove, accompagnati dall’organo, le migliori voci delle 5 confraternite cantano le cinque parole di Gesù sulla croce. Musica celestiale e sofferta si mischia alle voci dei tenori e del coro.
La processione serale, poi è unica. Tutte le confraternite sfilano insieme, sempre intonando il Miserere, si porta in processione la statua lignea settecentesca del Cristo morto della chiesa di San Giuseppe e la Madonna Addolorata della chiesa Madre. Si sfila tutti insieme, per le strade del paese arrivando al Calvario, simboleggiato dalla collinetta in zona Carmine.
Me ne stavo in disparte, se riuscivo dall alto e vedevo i devoti che si attaccavano alle cinque croci presenti sulla collinetta, per ricevere la benedizione del parroco.
Al ritorno, il popolo fá da protagonista. Uomini, donne, bambini, giovani e anziani si cimentano nell’antico canto di Evviva la croce.
Altro momento suggestivo e commovente è l’addio della madonna a suo figlio. Al bivio, sotto una delle antiche torri della cinta muraria, madre e figlio si dicono addio e si separano.
A sinistra torna Gesù, accompagnato dalla confraternita dei cinturati suoi custodi, dove poi verra interpretato il Miserere completo, accompagnato dall’organo. La Maddonna torna nella chiesa Madre accompagnata dalle restanti confraternite.
Una giornata satura di emozioni, che fin da piccola, mi piace vivere in prima persona. Anno dopo anno, ogni anno. E non vedo l’ora di condividere le mie stesse emozioni con voi, amici miei.
Il nostro Gargano protagonista, non solo con il mare, ma con le radici e le tradizioni immuni agli anni difficili che stiamo vivendo.
Che siate credenti o meno, non importa, la storia non ha religione.
Buona Pasqua e tutti voi!

G&M

foto Roberto Scardicchio